All’inizio del 1965, il celebre fotografo Bill Ray e lo scrittore Joe Bride di LIFE magazine si unirono, per alcune settimane, ad una banda di Hells Angels. Le fotografie scattate in quei giorni non sono però mai state pubblicate perché l'allora editore della rivista ritenne quegli "smelly bastards" indegni di apparire sulla sua pubblicazione. A distanza di quasi cinquant’anni quelle immagini sono state raccolte in un libro. In questo post ne troverete un'ampia anticipazione...
Molte di queste foto mi ricordano i servizi di moda realizzati dai fotografi dei nostri giorni. Ne trovate molti esempi anche su questo Blog. Eppure le immagini di questo post sono tremendamente autentiche e rappresentano la verità storica di qualcosa che oggi è solo scimmiottato a fini commerciali. La differenza, se guardate bene, emerge con chiarezza, ed è immensa.
Occhiali da sole e barbe incolte che ne nascondevano il viso segnato dal vento, gli Hells Angels erano un mondo a parte, bastavano a se stessi e si caratterizzavano per il loro antagonismo con la tipica società americana dell’epoca e per l’abitudine di deridere chi non apparteneva alla loro comunità. Ai tempi in cui le foto furono scattate, il rombo delle Harley e la vista dei motociclisti capelloni era ancora una novità e — per il cittadino medio, timorato della legge — rappresentavano qualcosa di pericoloso e inquietante. Le abitudini quotidiane di questi personaggi minacciosi, vestiti di cuoio, in effetti, era sconosciuta alla più gran parte dei lettori di LIFE alla stregua di quelle dei tagliatori di teste del Borneo, o dei nomadi del deserto del Gobi.
L’iniziazione alla banda, tra i cui rappresentanti c’erano Buzzard (Poiana), Hambone (Osso di prosciutto) e Big D (acronimo di, ehm… Cazzone), non fu facile per Ray e Bride. Bride aveva lavorato per un imprenditore di Los Angeles che conosceva gli Hells Angels e che gli orgazzò un incontro. Furono portati a occhi bendati sulle montagne dove alcuni membri della banda li sfidarono a biliardo. Ray riuscì a vincere due partite su tre e gli Angels decisero che erano abbastanza in gamba per restare con loro… In vita. Per alcune settimane, i due giornalisti seguirono gli uomini della banda e le loro “old ladies” (come gli Angels chiamavano le loro donne, di solito ventenni) nei loro pellegrinaggi senza meta, sciamando in gruppo con loro per le strade del paese a più di 100 miglia all’ora, portando il subbuglio nelle città, spaventando gli avventori dei bar dove si fermavano.
Più tardi, Ray avrebbe raccontato a Life: 'This was a new breed of rebel. They, of course, didn't have jobs. They despised everything that most Americans pursue - stability, security. They rode their bikes, hung out in bars for days at a time, fought with anyone who messed with them. They were self-contained, with their own set of rules, their own code of behaviour. It was extraordinary. Anyone who envies the Angels their freedom should really keep in mind that wherever they go, whatever they're doing, the cops are always watching. These standoffs were thrilling but also just draining as hell. It was exhilarating being around them, there's no question about it. You just never knew what they were going to do. You're always kind of on edge. They don't punch a clock, so they fill the time drinking beer, smoking pot, screwing around. There was always a sense that anything could happen at any minute. Things could go from light-hearted to scary pretty quick. They just ride. Where they're going hardly matters. It's not an easy life. But it's what they choose. It's theirs. And everyone else can get out of the way or go to hell. Girls would come to them, and they would take their pick, and then they'd tell them where to sit and what to do."
Bill Ray ricorda bene il senso di lealtà della banda e come, gradualmente, gli Angels lo accolsero e protessero nella loro comunità… “But they didn't realise that I was a sort of mascot of the real tough guys. I'd been shooting the Angels for maybe a week at this point. I was about to be attacked by one of these guys when a Hells Angel standing next to me made it clear that if a hair on my head was touched, the other biker was a dead man. From that point on, I felt, well, not safe, because I never felt safe with those guys, but as if I'd passed a test, somehow.”
Fonti: LIFE magazine - Daily Mail
Che piacciano o meno (anzi, all'epoca questi proprio non piacevano...), erano 'veri'. Gli harleysti di oggi lo sono mooooolto meno, non fosse altro che per l'impegno economico che oggi, in Italia, comporta esserlo.
ReplyDeleteNon credo che l'Harleysmo fosse una religione. Le Harley erano semplicemente le moto più diffuse e a buon mercato dell'epoca negli USA, oltre ad essere americane, cosa a cui i bikers, spesso ex militari, e comunque piuttosto nazionalisti, tenevano molto.
ReplyDeleteOggi l'Harley è una moto di moda e certo viene acquistata nella maggioranza dei casi con ben altro spirito di quello della ribellione e ben altri mezzi di quelli che avevavno i onepercenters... Per non parlare del fatto che i seguaci del bar and shield in Italia tutto possono essere definiti, ma di certo non nazionalisti nei consumi.